E’ opinione comune di vari analisti politici e militari che la Russia potrebbe tentare di invadere (o attaccare) i paesi baltici. In questo senso la NATO ha aumentato le truppe di stanza nella regione (prima della crisi ucraina erano di fatto inesistenti) e gli stessi governi baltici hanno avviato programmi di rafforzamento militare. Attualmente la difesa aerea della regione è assicurata da aerei NATO (l’Italia ha fatto la parte del leone) poiché non esistono aeronautiche lituane, lettoni o estoni degne di questo nome. Anche a livello di forze terrestri le capacità di tali paesi sono limitate. La Lettonia dispone di due battaglioni di fanteria (7 della guardia nazionale), la Lituania può schierare 6 battaglioni, l’Estonia 4 (l’esercito è organizzato per salire rapidamente alla consistenza di 4 brigate in tempo di guerra). Pur con i rinforzi NATO (non si tratta, ancora, di truppe permanenti) la capacità di respingere un assalto convenzionale (forze russe combinate impieganti truppe motocorazzate, VDV e aviazione) sarebbero limitate. La vera chiave di volta della politica difensiva baltica è l’articolo 5 del trattato dell’Alleanza Atlantica (in caso di aggressione esterna uno dei membri ha il diritto di richiedere l’intervento degli altri alleati che, in linea teorica, devono rispondere positivamente alla richiesta). Proprio a causa di ciò le probabilità di un attacco convenzionale russo sono minime. Tuttavia se ciò avvenisse sarebbe fondamentale per Mosca occupare l’isola svedese di Gotland (presumibilmente con forze congiunte della flotta del baltico e delle truppe aviotrasportate), che, assieme all’enclave di Kaliningrad, assicurerebbe la possibilità di sospendere i rifornimenti marittimi ai paesi baltici, mediante l’uso di sistemi missilistici antiaerei e antinave. Nello stesso tempo i collegamenti terrestri lituani sono minacciabili da parte russa grazie alle basi di partenza di Kaliningrad e della Bielorussia. In quest’ottica le operazioni delle prime ore (non parliamo di giorni) sarebbero dedicate proprio alla recisione di tali linee di comunicazioni marittime e terrestri. In questo caso la reazione NATO e svedese (Stoccolma non fa parte dell’Alleanza) sarebbero dedicate alla riconquista di Gotland (operazioni aeronavali di grande portata potrebbero riassicurare l’isola, ma a patto di accettare perdite severe) e l’eliminazione delle basi russe di Kaliningrad. Qui i russi dispongono dell’equivalente di una divisione mista, con una forte componente missilistica (pare anche con capacità di attacco nucleare). Forze polacche potrebbero occupare l’enclave, ma avrebbero bisogno di tempo e dovrebbero accettare molte perdite. Le forze russe del distretto militare occidentale e centrale avrebbero la capacità di condurre l’invasione di Gotland, sostenere la difesa di Kaliningrad e portare a termine l’invasione dei paesi baltici, avendo la meglio nella zona grazie alla preponderanza del numero e al tempo necessario all’Alleanza per passare da una coesa risposta politica a una efficace risposta militare. In particolare è in dubbio che le classi politiche dei vari paesi NATO potrebbero decidere per un intervento militare in tempi sufficientemente rapidi per poter essere efficace. Per ovviare parzialmente a questa debolezza il comando NATO ha costituito la “Spearhead Force”. Si tratta di una forza mista ad altissima prontezza operativa (si parla di 48 ore) del livello di una brigata (da implementare nel futuro fino a 20.000 uomini). E’ realistico pensare che i russi potrebbero prendere le capitali baltiche in una settimana di scontri e che nello stesso tempo pesanti combattimenti potrebbero svilupparsi nelle regioni sopra citate. Prima di avere ragione delle forze russe nel settore di Kaliningrad e dei reparti lanciati dalla Bielorussia lungo l’asse Vilnius-Kaunas (direttrice essenziale per aprire una via di comunicazione terrestre con l’enclave) sarebbe necessario attendere la mobilitazione e il dispiegamento di forze tedesche e di altri paesi chiave NATO. E’ probabile che l’esercito polacco avrebbe il compito di aiutare i lituani a tenere Vilnius. Appare chiaro come, nelle prime fasi dello scontro, la componente operativa NATO principale sarebbero proprio le forze armate polacche. La dottrina russa prevede l’impiego di armi nucleari tattiche durante scontri di questa portata ma appare chiaro che questo porterebbe a un’escalation che condurrebbe all’impiego di armi strategiche che distruggerebbero gran parte delle nazioni coinvolte. E’ curioso notare che la dottrina russa propone invece un’interpretazione opposta, definendo l’impiego di armi nucleari tattiche come funzionali a una de-escalation degli scontri convenzionali (per timore di impiego più massiccio di armi nucleari) e una cristallizzazione delle operazioni.
I comandanti russi sanno perfettamente che, pur potendo prendere con operazioni tradizionali i paesi baltici, non potrebbero tenerli e non potrebbero sconfiggere in nessun modo forze NATO convenzionali. Ne tantomeno la Rodina potrebbe uscire in buone condizioni da uno scontro nucleare. Dunque le operazioni fin qui sommariamente descritte sono sconsigliabili da ogni punto di vista. Porterebbero infatti a una guerra che la Russia potrebbe solamente perdere. Forse potrebbe addirittura condurre alla fine dello stato russo propriamente detto.
Il pensiero militare russo ha tuttavia introdotto in Ucraina una strategia che pare tagliata su misura per colpire paesi membri NATO senza scatenare le reazioni di tutta l’Alleanza, facendo perno sull’inevitabili divisioni politiche europee, sulla guerra psicologica, sulla propaganda e sull’impiego di forze irregolari o regolari abilmente dissimulate. Mascherare un’invasione come una sollevazione popolare o come un vero e proprio movimento separatista è la conditio sine qua non per consentire di imporsi a quella parte delle opinioni pubbliche occidentali restie ad impegnarsi in un conflitto ed impedire ai governi occidentali di rispondere adeguatamente alle operazioni russe. Nello stesso tempo tale strategia consente al Cremlino di limitare le conseguenze di un’invasione sul piano della politica internazionale. Tale invasione non sarebbe infatti ufficiale, sarebbe negata e comunque parzialmente giustificata dalla necessità russa di difendere e proteggere i diritti delle popolazioni russe abitanti nei paesi che potrebbero essere obiettivi dell’attacco. Le operazioni in Ucraina hanno ricalcato esattamente questa dottrina e hanno avuto, nel complesso, successo. La hybrid warfare o maskirovka o guerra ibrida sembra essere pagante.
Quando un militare dispone di una strategia efficace la usa per soddisfare i compiti affidatigli dalla classe politica; con le dovute modifiche, necessarie a mantenere un elemento chiave di ogni operazione militare di successo: la sorpresa. In base a ciò è estremamente arduo immaginare cosa potrebbe accadere domani nel Baltico, perché significa indovinare le mosse e le astuzie di un comandante che non si conosce e che, forse, non è ancora stato scelto.
Nelle prime fasi agenti russi potrebbero essere infiltrati per causare disordini e organizzare manifestazioni di piazza fittizie (magari sfruttando anche la buona fede di cittadini baltici di etnia russa) che potrebbero apparire delle legittime aspirazioni indipendentiste (va ricordato che in questo momento storico sentimenti analoghi sono effettivamente molto forti in varie zona dell’Europa). Il passo successivo potrebbe vedere l’inserzione di vere e proprie forze paramilitari addestrate dall’esercito russo per l’occasione (pensiamo al battaglione “Vostok” operante nel Donbass) per esercitare pressioni militari sui governi legittimi, che si vedrebbero costretti ad ordinare operazioni difensive che potrebbero essere veicolate dalla propaganda russa come tentativi di repressione o come un vero e proprio tentativo di genocidio. A questo punto il governo russo avrebbe gioco facile nel convincere la propria opinione pubblica della necessità di un intervento, sia con un sostegno attivo nei confronti di forze irregolari separatiste (in realtà direttamente dipendenti da Mosca) sia con l’impiego di forze regolari. Va osservato che di Repubblica di Latgale già si parla su vari organi di informazione del mondo web…. Il fine ultimo di operazioni di questo tipo potrebbe essere la costituzione di governi fantoccio favorevoli alla politica russa e funzionali ai suoi interessi politico-economici.
E’ molto complicato rispondere efficacemente a queste operazioni, dal momento che si corre il rischio di risultare moralmente delegittimati agli occhi dell’opinione pubblica. Certamente è necessario intervenire tempestivamente per assicurare il controllo del territorio e impedire le infiltrazioni russe necessarie per avviare l’escalation sopra descritta. Gli stessi paesi NATO avrebbero enormi difficoltà di natura politica nel rispettare l’articolo 5 di fronte a uno scenario del genere. Non è da escludere persino la generazione di movimenti di protesta, supportate da eventuali quinte colonne russe (pensiamo ai presunti fondi russi elargiti al Fronte Nazionale francese o alla Lega Nord italiana). In questo senso un’arma fondamentale della strategia russa è la propaganda, che mira a veicolare una realtà di parte, falsa ma verosimile , che è direttamente funzionale agli obiettivi militari. Ecco perché si parla di guerra ibrida, una guerra che fonde azioni portate su vari piani ma con un obiettivo finale (politico) comune.
Un’eventuale disimpegno dei paesi membri NATO dalla difesa dei paesi baltici nei confronti di un attacco ibrido potrebbe addirittura a portare a un profondo ripensamento della politica atlantica e persino allo scioglimento della stessa NATO. Persino un impegno a “macchia di leopardo” solamente di alcuni membri sarebbe catastrofico. In ultima analisi, definiamo quindi un target politico-strategico di immensa valenza per il Cremlino…
Tale scenario si è verificato nel dettaglio in Ucraina, dove le forze russe hanno invaso parte delle regioni orientali applicando in modo dettagliato la strategia sopra descritta, costituendo forze irregolari e impiegandole secondo i dettami precedentemente tratteggiati assieme a forze regolari dissimulate. E’ dunque probabile che un eventuale attacco russo ai tre fratelli baltici potrebbe possedere contenuti significativamente diversi al fine di mantenere la sorpresa, tattica o strategica che sia. Infatti le forze NATO colà presenti hanno certamente ordine di agire tempestivamente e duramente nei confronti delle azioni russe, di qualsiasi natura (persino cyberattacchi). Questo potrebbe portare, anche rapidamente, a scontri di prevalenza convenzionale e a una vera e propria guerra.
Quali contromisure possono risultare efficaci nei confronti della maskirovka russa? Sul piano tattico certamente risulta utile stroncare la propaganda russa in ogni sua forma, sia essa presente su social network o su media tradizionali, senza farsi condizionare da un’errata interpretazione del concetto di libertà di stampa e opinione. Avviare un’opera di prevenzione di natura culturale e politica nei confronti delle popolazioni di etnia russa e disarticolare la politica imperialista del Cremlino partendo da un’educazione mirata nei confronti dei cittadini russi sarebbe auspicabile. E’ necessario preparare le forze preposte al controllo del territorio alla possibile minaccia e aumentare la prontezza operativa delle forze dei vari eserciti, oltre al loro addestramento. Va migliorato l’equipaggiamento delle forze pesanti e leggere degli eserciti NATO, anche a costo di aumentare la spesa assegnata alla funzione difesa dei vari paesi.
Sul piano strategico è fondamentale lavorare alla coesione politica dei paesi membri UE e NATO. Oltre a ciò è indispensabile combattere l’aggressione russa in Ucraina. Tale paese è infatti la prima linea di difesa europea e rappresenta il primo terreno di scontro scelto da Mosca nei confronti dell’Europa. E’ essenziale fornire ogni tipo di supporto, militare (anche con armi letali), economico e politico a Kiev. Per capire la crisi ucraina è necessario comprendere che tale paese è fondamentale per NATO e Unione Europea poiché Kiev non fa parte (ancora) di entrambe le istituzioni. Proprio per questo motivo l’aggressione russa deve essere fermata già in codesto paese, non potendo ancora colpire centri di interesse geopolitico più importanti per la prospettiva prettamente europea ed atlantica. Può apparire un paradosso, ma è essenziale poter sceglier il terreno di scontro con il nemico per poter massimizzare i vantaggi. Dal momento che la Russia ha scelto di essere un nemico per NATO e UE è essenziale impedire che lo scontro si trasferisca nel Baltico. Basterebbe questo per assistere a una catastrofe di natura politica.
di Christian Pezzetti
per gentile concessione del collettivo Euromaidanpr per Italia